Lettera agli interpreti dello spettacolo in vista di una prossima tournée europea
Miei cari tutti!
Vi arrivi il mio saluto più fraterno e la mia gratitudine per il vostro “carattere” nel portare avanti questa “missione teatrale” nella quale quasi nessuno crede più. Abbiamo attraversato tempi difficili e altri difficili ci attendono ancora. Ma in questi, voi avete sentito e sentirete il pubblico, il nostro unico giudice e scopo, insieme ad amare quello che fate, quello che dite e che cosa dite.
Nessuno può toglierci questa gioia e questo orgoglio.
E la nostra umiltà di interpreti è anche fierezza e certezza di essere nel giusto e nell’onesto.
Oltre a recitare le Baruffe chiozzotte di Goldoni, abbiamo compiuto anche una severa operazione culturale. Grazie al sacrificio di molti di voi, in diverse occasioni, c’è stato anche un altro tipo di incontro con la gente. Anche di questo vi ringrazio.
La nostra “compagnia”, la nostra bella “compagnia all’italiana” si merita un tempo di pausa per ritrovarsi insieme e percorrere l’Europa che ci ama, l’Italia che ci ama e quella che non amandoci è costretta per sua vergogna a subirci.
A presto, cari amici e compagni d’arte. Io, il primo di Maggio (è un simbolo, se volete!) rientro dalla mia cosiddetta clausura. Ma a dire il vero, vi siete accorti proprio che io “ero via”?
Il 28 Aprile sono a Roma, per provare il Campiello, come a Firenze le Baruffe. Nello stesso giorno a Milano si apre il processo che mi riguarda. Io là, non ci sarò. Sarò con una parte dei miei attori e con tutti quelli che abbraccio questa sera.
Niente patetismi. Ma indignazione, sì. Un velo di vergogna ricopra persone non degne, uomini oscuri che si chinano sulla purezza a loro sconosciuta.
Un saluto e un bacio il vostro
Giorgio
Lettera agli attori in occasione del ritorno in scena delle Baruffe Chiozzotte
Cari amici delle Baruffe! Cara Pamela, Gianfranco, Lino, Susanna e via così....
I vecchi ed i nuovi. La mano del Diavolo (ed io saprei a chi scriverla) ha colpito le nostre Baruffe ma le nuove creature che hanno prestato con amore e coraggio il loro corpo, il loro talento e la loro voce, al nostro spettacolo, le fanno vivere ogni sera.
Ecco: vivere. Far vivere non le Baruffe, nemmeno Goldoni. Ma il Teatro. Questo importa. Più d’ogni altra cosa.
Sono lontano. Sarò lontano la sera del 6 febbraio, quando avrei voluto fare una piccola festa per G. Sparito come tutti gli umani, duecento anni fa. Ma dovete sentirmi con voi, sempre. Vi penso con tenerezza e preoccupazione e anche un sentimento di colpa. Come se avessi lasciato i miei figli soli, in una stanza, in un giorno che doveva essere di festa. Mi consola il sapere che la stanza è invece luminosa, piena di suoni, di musica e d’amore. I bambini devono sentirsi più protetti. Cosa dirvi? Unitevi, cercate di tenere alto il cuore e il nostro spettacolo. Farlo ogni sera migliore; più vivo e più vero. Al di là di me, di noi. Ne siete capaci. Se riusciste in ciò avreste fatto il più grande gesto d’amore possibile nei miei riguardi.
Non parole, non lettere, non niente. Questo: lo spettacolo, alla sera per la gente.
Ho sentito da qualche parte che un fucilatore di partigiani ha sbavato scrivendo che “eravate sottotono”. Non so. O qualcosa del genere. Mi è sembrato strano. Quando mai, siete stati “sottotono”? Però può darsi che nelle traversie, nelle sostituzioni qualche sera, qualcosa abbia vacillato. È del tutto umano. Penso che se ciò è avvenuto, oggi ogni cosa abbia trovato il suo equilibrio. Pensate sempre che una sera qui, in questa grigia città dell’odio, reciterete le Baruffe ed avrete accanto il Campiello e più in là l’Arlecchino. Non potreste celebrare meglio la morte di G. Se potete, riunitevi, voi degni attori italiani, come dei superstiti. Vogliatevi bene, parlatevi e ricordate.
Io credo di essere con voi, in qualche modo più o meno misterioso.
Appena possibile vi ritroverò per riannodare i fili forse qua e là allentati. Non dubitate. Siate fieri di essere quello che siete. Appartenete ad un teatro che è stato glorioso e lo ritorna ad essere ogni sera, attraverso di voi.
Buon Anno Nuovo. Esiste un anno nuovo? Io non lo so più.
Vi abbraccio
Giorgio