MINNA VON BARNHELM
1983
Piccolo Teatro di Milano
MINNA VON BARNHELM
Autore Gotthold Ephraim Lessing
Traduzione di Bianca Zevi
Versione scenica italiana di Giorgio Strehler
Regia di Giorgio Strehler
Scene di Ezio Frigerio
Costumi di Franca Squarciapino
Musiche di Fiorenzo Carpi
Interpreti Nino Bignamini (Just), Ruggero De Daninos (Riccaut de la Marlinière), Sergio Fantoni (Tellheim), Gianni Garko (Werner), Andrea Jonasson (Minna), Anna Saia (Signora in lutto), Mario Valgoi (Oste), Pamela Villoresi (Franziska), Gianfranco Mauri, Alvaro Caccianiga (Corriere del re), Paolo Rossini, Guido Stancanelli (Secondo servitore)
Prima rappresentazione Milano, Piccolo Teatro, 31 maggio 1983

Il nome di Lessing chiude il nostro anno di lavoro che è stato pieno nella realtà dei fatti, nella continuità di un impegno e di una presenza sui nostri palcoscenici  e su quelli del mondo.
Nessuno meglio di Lessing poteva dare un segno per una storia già così antica come quella del Piccolo Teatro continuamente rinnovata nella ricerca di quel teatro dell’umano e della ragione e del cuore che è stata la nostra missione.
Dolce e forte, tenero ed ironico, grande dialettico, grande uomo dei lumi e già voce di un illuminismo che cerca l’equilibrio forse impossibile fra passione e razionalità, Lessing entra finalmente nella nostra cultura con un gesto di coraggio e riempie un vuoto che ci ha sempre lasciati abbastanza stupefatti.
Gesto di coraggio, perché Minna von Barnhelm è un testo, dunque uno spettacolo, inconsueto, difficile, sconvolgente, misterioso (potrei aggiungere aggettivi ad aggettivi) anche sotto la sua apparente semplicità. Ci ha richiesto uno sforzo molto grande, ci lascia infinite perplessità anche se siamo certi di avere compiuto una indagine viva, critica e sensibile, che è diventata teatro per la gente e non saggio letterario fermo sulle pagine di un libro.
Commedia “comica”, tragedia comica, dramma del passaggio storico di un mondo vecchio che sta chiudendosi e di un altro che si apre, dramma d’amore (e certamente in una grande misura lo è) non ancor più dramma “dell’amore”, dei rapporti d’amore e di non amore tra l’essere maschile e l’essere femminile, è tutto questo insieme, Minna von Barnhelm? O altro ancora?
E l’equilibrio tra questi temi, l’intrecciarsi delle voci, dei momenti diversi, la chiave stilistica di un capolavoro lontano e vicinissimo, dov’è?
Pensiamo che mai come per questo spettacolo, dopo il suo contatto con il pubblico, si verificherà la necessità di riguardarcelo insieme, per capire meglio, per riprendere certi fili, sciogliere certi enigmi, rispondere a certe domande rimaste aperte. E per  questo tralasciamo di definire di più il nostro lavoro, oggi. Lo lasciamo così nel mondo con trepidazione, come si lancia la bottiglia con il messaggio nel mare, senza nemmeno sapere se arriverà qualcuno a raccoglierla.
Ma siamo anche sicuri che il piccolo-grande dramma di Minna, creatura umana, donna che disperatamente, con le armi della dolcezza, della ironia, della teatralità e persino talvolta della crudeltà, riesce a spezzare l’armatura di pregiudizi, abitudini, condizionamenti, e persino “ragioni” del Maggiore von Tellheim, creatura umana, uomo per cercare di costruire finalmente “la coppia” vera, quella in cui il codice materno si fonde e si dialettizza nell’amore con il codice paterno, farà risuonare quella voce del cuore che per Lessing, alla fine era poi, il linguaggio più vero degli uomini. Giorgio Strehler