1991
MARINA E L'ALTRO
Con Pamela Villoresi
Autore Valeria Moretti
Regia di Pamela Villoresi
Scene e costumi di Nanà Cecchi
Musiche originali di Luciano Vavolo
Luci di Cristiano Pogany
Interpreti Pamela Villoresi (Marina Ivanovna Cvetaeva), Bruno Armando
Prima rappresentazione Asti Teatro Festival, Ex Confraternita di San Michele, 17 luglio 1991
Mosca, anni venti. Un ladro si introduce nella miserabile mansarda dove vive Marina Cvetaeva. E tutto d’un tratto “l’inabbordabile”, “l’impossibile” Marina si concede il lusso di concedersi per una notte all’uomo sconosciuto: l’infanzia dorata… la Rivoluzione… il marito lontano nei ranghi dell’armata bianca.. il legame con l’amica Sonecka… una figlia morta per denutrizione… i versi che riecheggiano nel suo cuore e nella sua testa. Ma sono anche altre le cose, che un uomo e una donna possono dirsi e donarsi, protetti dall’oscurità…
“Si può parlare con ammirazione di uno spettacolo? L’occasione è così rara che non bisognerebbe lasciarsela sfuggire, anche a costo di rischiare un sovrappiù di passione (per una volta, via…). Lo spettacolo di cui vorrei dire tutto il bene è “Marina e l’altro” scritto da Valeria Moretti, diretto e interpretato da Pamela Villoresi e accolto con fortissima emozione dal pubblico che gremiva il teatro.” (Osvaldo Guerrieri, La Stampa).
“Valeria Moretti dà prova, ancora una volta, della propria fantastica creatività la quale ha il pregio di dare alla fantasia i colori della realtà e viceversa e di essere al tempo stesso storia e confessione. “ (Giorgio Prosperi, il tempo)
Da “Marina e l’altro” di Valeria Moretti
“Tugurio. Mia soffitta-palazzo, mio castello-soffitta! Salite! Qui tengo i manoscritti. Così! Datemi la mano! Attenti, a destra! Qui il tetto perde, e per terra – un lago. Ora ammirate, seduti sul baule, che fiandra ha intessuto il ragno! Non date retta a quello che si dice: senza merletti una donna non resiste! Questi i prodigi della mia mansarda: qui vengono angelo e demonio, e chi di loro sta più in alto, giacché dal cielo al tetto! Un salto!
Io e mia figlia Alja siamo le sovrane di questo tugurio. C’era anche mia figlia Irina, la piccola… ma lei non regnava. Un giorno l’ho persino dovuta legare alla sedia, si… perché una volta che ero uscita lei aveva divorato un cavolo intero, crudo! Si ma lei non parlava quasi, camminava appena, dondolava la testa, mugolava.
Le avevo messe all’asilo del popolo perché avessero qualcosa da mangiare… Poi quel giorno, come al solito, mi sono alzata presto e mi sono trascinata lungo il vicolo Strarokonjusenyj, in Via Precislenka per il vitto vitaminizzato, da lì alla mensa di Praga all’ex negozio di Genetalov – a vedere se per caso non distribuivano pane – di là di nuovo all’asilo con le gavette. Sul portone ho incrociato una slitta con della paglia e, sopra, una piccola bara bianca… L’ho guardata allontanarsi e scomparire nella neve… La cittadina dell’asilo mi si è avvicinata e mi ha messo nelle mani le poche cose di Irina – “Siete voi Marina Cvetaeva?” mi è caduta una scarpa di mano. No, Irina non regnava.
Io so quello che valgo, gli altri aspettano che io muoia.