Perno della tradizione aneddotica è da sempre e ovunque la figura di Beatrice: la figlia offesa, stuprata e parricida. Il suo mito si configurò il giorno stesso dell’esecuzione, quando il popolo romano corse furente a far ressa attorno al carro che la conduceva al patibolo.
Quel giorno, su quel carro, Beatrice non era sola: ad accompagnarla c’era la sua matrigna Lucrezia, anch’essa come Beatrice, inquisita, torturate e decapitata ma, non per questo destinata a mutarsi in leggenda. L.,non ebbe alcun ruolo nell’assassinio di Francesco, l’incommensurabile padre padrone, se non quello di spettatrice muta e tremebonda, eppure aveva infinite ragioni per nutrire un odio estremo contro questo suo ferocissimo secondo marito che era giunto a violentarle un figlio sotto gli occhi.
Solo che L. era attanagliata dalla paura e, con tutta la sua paura, dovette affrontare le immani conseguenze di un gesto intemerato che solo una creatura provvista di inaudito coraggio avrebbe potuto compiere: una creatura come Beatrice, resa eroica, se non nata eroica, da indescrivibili sopraffazioni e sofferenze.
Pamela Villoresi e Giulio Brogi in "L. Cenci", matrigna di Beatrice
INDIA Pamela Villoresi e Giulio Brogi in "L. Cenci", matrigna di Beatrice Debutta "L. Cenci", testo e regia di Giuseppe Manfridi, con Pamela Villoresi e Giulio Brogi. L. sta per Lucrezia. Lucrezia Cenci, seconda moglie del truce Francesco - stupratore di uomini e donne, di figlie e figliastri - e matrigna di Beatrice. E fu con Beatrice che Lucrezia nel 1599 salì sul patibolo a Castel Sant' Angelo. La storia e' ripercorsa tra le pieghe degli interrogatori a cui viene sottoposta Lucrezia, un'impari sfida tra il giudice e l'imputata. La sua colpa? Non aver saputo evitare un delitto che venne architettato e compiuto sotto i suoi occhi nel rifugio della Petrella, dove il marito teneva entrambe recluse.