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1998
Teatro Argot
ATRIDI
Autore Michele Di Martino
Regia di Maurizio Panici
Scene di Arnaldo Pomodoro (Dialmo Ferrari per la tournée).
Costumi di Dialmo Ferrari
Musiche di Massimo Nunzi
Interpreti Pamela Villoresi (Clitemnestra-Atena), Carlo Alighiero, Antonella Attili, Danilo Nigrelli, Blas Roca Rey, Elisabetta Valgoi, Maurizio Panici, Laura Della Mora (flauti).
Coproduzione Teatro Olimpico di Vicenza
Prima rappresentazione Vicenza, “Festival d’Autunno”, Teatro Olimpico, 11 settembre 1998
La complessa, luttuosa, feroce storia della casa d'Atreo narrata da Eschilo nella trilogia "Orestea" in un intersecarsi senza fine d'angosce, in un interrogarsi doloroso e continuo sul tema del bene e del male, del giusto e dell'ingiusto, diventa materia per la tragedia in versi "Atridi" di Michele Di Martino, che ha debuttato al Teatro Olimpico di Vicenza per il Festival d'autunno con la regia di Maurizio Panici.
La Grecia eschilea diventa Sicilia d'oggi e le vicende di Agamennone, di sua moglie Clitemnestra e dei figli Oreste ed Elettra, si trasformano in una di quelle terribili faide familiari che insanguinano una terra "che è mischia di lutto e di luce", dove la legge della mafia impone, senza cedimenti e compassioni, che sangue e lavi sangue: le dolorose parole del Coro dell'Agamennone "l'energia del crimine/fonda prole di crimini/specchio della sua tempra" sembrano, così, riflettersi corrotte e svilite in legge mafiosa. I temi evocati nella riscrittura di Di Martino, che utilizza un denso e potente linguaggio rischiarato spesso dall'uso di vocaboli dialettali, squarci di terragna verità, non si discostano da quelli dell'Orestea, ma nel viaggio verso l'oggi le vicende narrate da Eschilo sembrano semplificarsi quasi a diventare echi di una leggenda arcaica.
Il mito diventa materia allusiva e la grandezza dei personaggi inevitabilmente si sfuma: un esempio per tutti, Clitemnestra che non ha più la straordinaria complessità eschilea di madre assetata di vendetta per l'uccisione della figlia, sposa offesa e tradita, adultera razionalmente capace di sostenere la legittimità del suo inganno, donna assetata di potere, regina dolente per la maledizione che pesa sulla sua famiglia, omicida inquieta, ma senza rimorsi. Di Eschilo, nell'interessante opera di Di Martino rimangono, rivivificate, la spinta etica verso la ricerca della giustizia e la visione sociale della vita. L'opera del grande tragico con la profondità dei suoi valori sembra essere un cuneo di riflessioni e tormenti che si insinua nella vita di tutti i giorni, visualizzato felicemente dall'unico elemento scenico di Arnaldo Pomodoro, un acuminato triangolo che parte dal palcoscenico palladiano del Teatro Olimpico per giungere a ferire la platea.
Di Martino, oltre ai protagonisti eschilei, crea due figure di consiglieri, quasi fossero un richiamo al Coro, il bieco monsignore "organico" al potere mafioso che governa l'isola e il giovane prete (chiaro riferimento alla figura di don Pino Puglisi) che pagherà con la vita la sua opposizione e il fatto di aver convinto Oreste a pentirsi, accettare il processo e diventare "collaboratore" di giustizia. Uno spettacolo lodevole per impegno civile che Maurizio Panici, attore e regista, dirige con rigore e che vive delle intense, partecipate e convincenti prove di Pamela Villoresi, Carlo Alighiero, Antonella Attili, Antonio Latella, Blas Roca Rey, Elisabetta Valgoi e Amanda Sandrelli.
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