2007
Teatro dell'Opera
PERSEPHONE
Carla Fracci ormai da molto tempo invoca la formazione di una compagnia nazionale da mettere a disposizione dei teatri privi di un corpo di ballo. Questo appello però continua ad essere inascoltato, anche se di fatto porterebbe a una vera e propria rinascita di un’arte, come la danza, che rischia di perdere terreno, importanza di fronte a un panorama europeo sempre più competitivo e professionale.
Quasi come buon augurio per questa proposta lodevole e necessaria vengono messe in scena due primavere di Igor Stravinskij, la Perséphone e Le sacre du printemps. Il risultato è una festa per gli occhi che mette di nuovo in evidenza l’importanza e il prestigio del Teatro dell’Opera di Roma. La Perséphone, melodramma in tre atti da André Gide era stato concepito da Igor Stravinskij come un lavoro che realizzasse una perfetta commistione tra musica, danza, lirica e teatro.
La vicenda della figlia di Zeus e Demetra viene narrata dallo storico Eumolpo (il tenore Jean-Francis Monvoisin), mentre la parte di Persefone recitante è attribuita a Pamela Villoresi, che dà alla propria interpretazione un'impronta classica e molto tradizionale. La coreografia di Millicent Hodson si muove sui binari dell’estrema comprensibilità, anche nei confronti di chi dovesse essere a digiuno di mitologia classica, mentre le splendide scene del pittore Bruno Caruso descrivono in maniera minuziosa e coinvolgente la fasi del rapimento e della discesa agli inferi di Persefone (una brava Vera Zorina), costretta a vivere negli inferi per un inganno del dio Ade, che l’ha rapita alla madre. Demetra, ardente d’ira per la perdita dell’amata figlia, fa precipitare la terra in un inverno perenne e solo l’intervento di Zeus riesce a risolvere una situazione che poteva portare all’estinzione del genere umano. Persefone passerà sei mesi con lo sposo e sei mesi con la madre, e questa soluzione porterà all’avvicendamento delle stagioni e dei cicli della vita. Anche in questo caso il regista Menegatti si confronta con l’idea di eterno femminino, secondo il quale la donna non è solo fonte di vita ma anche energica forza dinamica in grado di reagire ai soprusi di un mondo maschile e di creare proprie regole. Questo particolare, del resto, era presente solo in parte in Stravinskij, più interessato all’idea di ciclicità e ritualità dell’esistenza umana, rappresentata dal seme che deve morire in inverno per rinascere poi in primavera.
Demetra è interpretata da Carla Fracci. Con la Sacre du printemps torniamo indietro di vent’anni nella carriera di Stravinskij, con il balletto che destò tanto iroso scandalo alla prima del 29 maggio 1913 a Parigi, non solo per una composizione in cui la dissonanza era spinta all’estremo, ma anche per le coreografie di Nizhinski, considerate troppo sensuali. In questa versione della Sagra vengono riprese le scene e le coreografie originali dopo un attento lavoro di ricostruzione, sotto il segno di uno straordinario rispetto nei confronti della portata innovativa del lavoro di Stravinskij (non sarà una curiosità aggiungere che persino Frank Zappa considerava la Sagra l’opera che più aveva influito sulla sua formazione musicale). L’accostamento fra questi due capolavori di Stravinskij è molto forte se si pensa tra l’altro che l’idea di “Persefone” è presente anche nel folklore russo. Nel patrimonio dei canti popolari (studiati tra l’altro da V. Propp) esiste un genere in cui il matrimonio è rappresentato dal punto di vista della ragazza e che è molto simile ad una lamentazione funebre. Andare in sposa vuol dire infatti perdere la libertà avuta da ragazza. E non è un caso che i quadri della Sagra siano stati considerati di gusto etnografico e pionieristici in certe concezioni (il richiamo al lubok, forma d’arte popolare poi nobilitata da Chagall è evidente), come per l’idea che società primitive abbiano forme culturali in realtà molto avanzate.